Cambio nuovo record Patent Campagnolo è solo del 1967 , il suo peso è all’incirca di 180 grammi
Continua a leggere “cambio Campagnolo nuovo record 1967”nella piastra del parallelogramma interno ha una superficie curva ed è incisa Patent Campagnolo
"Il paradiso in terra non esiste, ma chi va in bicicletta ci arriverà comunque." – Parrini
Cambio nuovo record Patent Campagnolo è solo del 1967 , il suo peso è all’incirca di 180 grammi
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Come altri artigiani del mondo della bicicletta, anche Sante Pogliaghi inizia giovanissimo a districarsi tra tubi e saldature. Ha solo 11 anni quando comincia a frequentare la bottega dello zio Brambilla, telaista conosciuto a Milano sin dagli anni ’20. Nel 1947, quando ormai si è fatto le
ossa, apre la sua officina: due vetrine che si affacciano su viale Elvezia, a due passi dall’Arena.Costruisce solo telai su misura per le competizioni. Il catalogo della Pogliaghi Italcorse offre quattro modelli per la pista: velocità, inseguimento, mezzofondo e tandem, e due per la strada: corsa e cronometro.Il grande palcoscenico del Vigorelli, è vicino, e il fiore all’occhiello di Pogliaghi sono i tandem da pista, per cui utilizza tubi di diametro maggiorato e congiunzioni speciali che si costruisce da solo.
Produce pochi telai all’anno. Dal 1947 alla fine degli anni ’70 ha lavorato praticamente da solo, producendo al massimo un centinaio di biciclette all’anno. Alla fine degli anni ’70 l’officina si allarga, assume sei operai e la produzione sale a quasi un migliaio di unità.
Ognuno di loro costruisce il telaio dall’inizio alla fine. Parte dalla scatola del movimento e salda prima il tubo piantone e poi l’orizzontale. Dopo salda il tubo obliquo alla scatola. Alla fine completa il triangolo principale del telaio saldando il tubo di sterzo.
E’ un artigiano Sante Pogliaghi, ha angoli e misure in testa e costruisce a occhio. Dime e stampi non gli servono se non a sveltire il lavoro quando deve fare più telai dalle dimensioni identiche.
Disegna telai che si adattano alla perfezione alle caratteristiche fisiche del ciclista e alle varie specialità. La sua fama cresce e la lista d’attesa per avere un suo telaio si allunga.
Con i suoi telai corrono tra gli altri Sercu e Merckx, e gli italiani Beghetto, Faggin, Pettenella, Rossi. Le scritte cambiano a seconda dello sponsor, ma sulla pipa di sella compare sempre l’inconfondibile marchio di fabbrica, la sigla PSM: Pogliaghi Sante Milano.
Nel 2000 Sante Pogliaghi muore. Aveva già ceduto il marchio alla Rossin, che sino alla metà degli anni ’80 produsse biciclette a suo nome. In seguito il marchio passa di mano più volte, sino ad arrivare ai fratelli Basso negli anni ’90, che da qualche tempo a questa parte hanno deciso di non utilizzarlo più.
(testo tratto da www.ciclisucarta.it)
Francesco ed Emiliano Freschi, esperienza, creatività e coraggio.
Francesco Freschi, nacque nel 1929 a Milano, primo di quattro fratelli. La passione per il ciclo gliela trasmise il nonno che da giovane era proprietario di una bottega di biciclette. A sua volta Francesco contagiò il figlio Emiliano con il quale aprì l’azienda dal 1976 al 1989, anno di chiusura dell’attività e cessione del marchio.
La gavetta di Francesco cominciò già da bambino nelle officine e nelle botteghe di biciclette milanesi, il padre viveva in Germania e con la guerra di mezzo, come tanti fu costretto a cambiare molti lavori. Negli anni ’60 Francesco conobbe Sante Pogliaghi con il quale si instaurò un rapporto di reciproca stima e amicizia, negli anni per Francesco diventò come un figlio per Sante il quale nel 1972 lo volle con sé in officina.
A quel tempo la firma Pogliaghi era già molto conosciuta e l’officina affollata di operai e apprendisti italiani e stranieri, in molti casi arrivati anche dal Giappone per imparare il mestiere.
Il reparto saldatura era territorio esclusivo di Sante, Francesco all’inizio si occupava un po’ di tutto il resto e in particolare dell’assemblaggio ma la sua esuberante creatività impiegò poco ad emergere e nel giro di pochi anni, seppure in officina da Pogliaghi non si usassero titoli ufficiali, assunse un ruolo che potremmo definire oggi di consulente per lo sviluppo tecnico, un’esempio noto delle sue idee è il particolare nodo sella che caratterizzò i telai Pogliaghi a metà anni ’70.
la bicicletta è la penna che scrive sull’ asfalto (cit.Guy Demaysoncel)
Se tutti suonassero l’ukulele, il mondo sarebbe un posto migliore
dopo i mondiali spagnoli la bianchi presenta la specialissima
oggi presento la prima delle due Galmozzi , purtroppo non era possibile
un restauro conservativo
caratteristica forcella Columbus , con il sole sull’orizzonte
rimarrà identica per 40 anni , con la variante anellino del parafango
forcella linea orizzonte cm 2.5
sfiato in basso mm. 2,75
oggi presento la prima delle due Galmozzi , purtroppo non era possibile
un restauro conservativo
caratteristica forcella Columbus , con il sole sull’orizzonte
rimarrà identica per 40 anni , con la variante anellino del parafango
forcella linea orizzonte cm 2.5
sfiato in basso mm. 2,75
L’attività in campo ciclistico di Alfredo Focesi inizia prima della guerra 1915-18 come collaboratore di un campione dell’epoca che aveva aperto un negozio. All’inizio degli eventi bellici, Focesi rileva il negozio e, dopo la guerra, alla quale aveva partecipato con onore, inizia a pieno ritmo la sua attività. La fondazione dell’azienda risale al 18 agosto 1921 da Alfredo Focesi, grande appassionato di corse ciclistiche, Francesco Galmozzi (che in seguito avrebbe fondato l’azienda omonima) e Artemisia Gerbi, moglie del Focesi e sorella del corridore Giovanni Gerbi ( il diavolo rosso) .
La ragione sociale completa, “A.M.F. Gloria” derivava dalla contrazione delle parole “Alfredo Focesi di Milano. Nella Sportivo appassionato e imprenditore moderno e creativo, all’inizio del 1922, da un modesto capannone di legno di 90 metri quadrati sito in via Scarlatti, fa uscire la prima bicicletta “Gloria”. Il nome è certamente immodesto ma di buon auspicio: le biciclette “Gloria” si affermano subito in modo clamoroso e, anche se la produzione è ancora limitata, già alcuni dilettanti di fama vincono usando i gioielli di Focesi.
I campioni della “Gloria” corrono solamente per passione, non percepiscono stipendi ma solo premi in caso di vittoria. Alfredo Focesi è buono e, nei limiti del possibile, munifico. Tratta molto bene sia i suoi dipendenti sia i suoi corridori. Tutti gli vogliono bene tanto che cominciano a chiamarlo “papà Focesi”.
La fortunatissima azienda deve perfino rinunciare ad ordinazioni, non essendo in grado di soddisfare tutte le richieste. Sono indispensabili nuovi impianti.
Nel 1929, papà Focesi non resiste al desiderio di formare una squadra di ciclisti professionisti. Le bici sono di uno splendido grigio satinato, le maglie sono grigie con fascia blu, come quelle dell’Atala, vincitrice dell’unico Giro d’Italia corso a squadre quando Alfredo Focesi era giovanissimo.
All’esordio della Milano-Sanremo, i corridori di papà Focesi affrontano la corsa con tale baldanzoso impeto che qualche giornalista li definisce “i garibaldini”. I “garibaldini”, con la loro generosità in corsa, diventano i beniamini degli sportivi che amano il loro modo di correre spregiudicato e battagliero.