COLNAGO SUPER 1981

le do una mano a caricare la bici ?

no ,grazie

ci mette molto ad arrivare a casa ?

un’oretta

di dove siete ?

sono di  ……..

ho mia nipote che vive li, forse la conosce ?

improbabile ,la mia città è grande

si ma vive dove c’è la pineta ,c’è una pizzeria

conosco la zona perchè ci abito

si è la casa color …..

ma scusi ,come si chiama sua nipote ?

si chiama ……..

è la mia vicina di casa !!!

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campagnolo super record

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forcella pendente caratteristica dell’anno 1983

è la stessa del mexico

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columbus

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bici corsa bianchi folgorissima

non potevo non presentare la seconda bianchi folgorissima

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restaurata

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coprileve , oserei dire quasi introvabili

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collezione privata

La Storia della Bianchi

Correva il 1885 quando Edoardo Bianchi – all’età di ventun’anni – iniziò l’attività di costruttore ciclistico nel suo piccolo negozio milanese di via Nirone. Il forte spirito innovatore caratterizzò la sua vita ed il suo lavoro, distinguendolo da tutti i costruttori dell’epoca. La sua prima idea, concepita centoventi anni orsono, fu quella di ridurre il diametro della ruota anteriore, supplendo allo sviluppo dinamico con l’applicazione della catena – da poco inventata dal francese Vincent – e l’abbassamento dei pedali.

Nacque così il “Safety”, un biciclo di sicurezza che fu la prima vera bicicletta moderna. Il principale vantaggio offerto da questo veicolo era la stabilità: non servivano acrobazie per rimanere in equilibrio. Edoardo sviluppò quindi un modello con ruote di diametro inferiore, pressoché identiche: l’Italia aveva scoperto il costruttore che avrebbe caratterizzato per oltre un secolo la produzione ciclistica nazionale. Il “piccolo fabbro” si era trasferito, per ampliare l’officina, da via Nirone a via Bertani. E fu da questa officina che uscì, nel 1888, la prima bicicletta con gomme pneumatiche, inventate dal veterinario scozzese Dunlop.

Nel 1895 Edoardo Bianchi fu invitato a corte, nella Villa Reale di Monza. La Regina Margherita aveva sentito parlare delle sue originali biciclette e voleva imparare a cavalcarle. Bianchi realizzò appositamente per lei la prima bicicletta da donna.

Sin dagli inizi dell’attività, Edoardo Bianchi rivolse la sua attenzione all’innovazione e al mondo dello sport. Le competizioni ciclistiche rappresentavano per il giovane costruttore il modo migliore di collaudare le nuove soluzioni tecniche, prima di immetterle in produzione.

Il primo successo sportivo internazionale della storia Bianchi risale al 1899, anno in cui Tommaselli si aggiudicò il Grand Prix de La Ville di Parigi. Iniziava allora una grande avventura sportiva, che avrebbe determinato la crescita di un’azienda nata a livello artigianale solo quattro anni prima, e destinata a diventare una delle più importanti realtà industriali del settore a livello mondiale.

 

Nel 1901 Edoardo Bianchi propose la prima bicicletta equipaggiata con trasmissione a cardano. Nel 1913 inventò il dispositivo frenante anteriore. Nel 1914 Bianchi era ormai un costruttore affermato e di grande successo: in un anno la produzione si assestò su cifre impressionanti: 45.000 biciclette, 1.500 motociclette e 1.000 automobili.

I successi industriali non lo distolsero comunque dall’innovazione continua. Nel 1915 realizzò la bicicletta militare con gomme pneumatiche di grande sezione, telaio pieghevole, sospensioni su entrambe le ruote. Questa singolare due ruote venne affidata ai Bersaglieri dell’Esercito Regio e impiegata fuoristrada, dalle Alpi ai deserti africani: era nata la prima Mountain Bike, vera prefigurazione dei modelli odierni.

 

I successi sportivi si susseguirono per Bianchi di pari passo con quelli produttivi e da allora le biciclette celesti hanno vinto sulle strade di tutto il mondo. Costante Girardengo fu il primo dei grandi campioni del ciclismo mondiale a legare il proprio nome alle biciclette di Edoardo Bianchi.

Nel 1935, dopo 50 anni di attività, Bianchi era diventata una grande azienda, leader assoluta del mercato italiano, che produceva oltre 70.000 biciclette all’anno. Ma i successi commerciali non fecero dimenticare le competizioni, che anzi trovarono un enorme impulso grazie alle gesta di Fausto Coppi. Nel 1947 Coppi fu Campione del Mondo dell’inseguimento e si aggiudicò il secondo Giro d’Italia.

Il primo Tour de France, nel 1949, lo vinse quando già tutti lo avevano dato per sconfitto in seguito a una caduta nella tappa di Saint Malò, che lo aveva portato al limite del tempo massimo. Guadagnò più di un’ora sul piccolo francese Marinelli in maglia gialla, Bartali – secondo alla fine – gli terminò a 11 minuti. Sempre quell’anno, fu il primo ad imporsi nella medesima stagione al Giro ed al Tour, sconfiggendo i fisiologi che avevano ritenuto l’impresa impossibile. Ancora nel 1949, fu Campione del Mondo dell’inseguimento.

Nel 1952, per rendere vivace la corsa alle sue spalle, gli organizzatori del Tour istituirono premi speciali. Si aggiudicò nuovamente il Tour de France e il Giro d’Italia nella stessa stagione. Nel 1953 fu Campione del Mondo su strada e vinse il suo quinto Giro d’Italia.

Cinque affermazioni uniche, inimitabili per modalità e stile, che diventarono oggetto di racconti popolari, letterari, cinematografici. Fausto Coppi non sognava di vincere molto; voleva vincere bene. Fu uno dei pochissimi, in tutta la storia del ciclismo, a poterlo fare.

 

Il 1973 fu l’anno del secondo alloro mondiale, conquistato da Felice Gimondi, cui seguiranno quello del 1986 di Moreno Argentin e quello del 1992 di Gianni Bugno.

Nel 1980 Bianchi entrò a far parte del Gruppo Piaggio. Nel 1982 lanciò in Europa le “BMX”, biciclette particolari che consentono grandi evoluzioni fuoristrada, destinate ai giovani. Nel 1984 fu la volta della “Mountain Bike”, la bicicletta fuoristrada studiata e progettata in collaborazione con Bianchi USA. Nel 1987 Bianchi acquisì il marchio austriaco “Puch”.

Nel 1990 l’invenzione di un’ulteriore, nuova tipologia di prodotto che stabilì definitivamente i parametri costruttivi della moderna bicicletta da turismo. Si chiamava Bianchi “Spillo” e in pochissimo tempo diventò un punto di riferimento nel settore, tanto che oggi non c’è costruttore al mondo che non basi la propria gamma su modelli di questa tipologia. Nel frattempo Bianchi, senza trascurare le corse su strada, si dedicò alle competizioni mountain bike. Nel 1991 fu Campione del Mondo MTB specialità “Down Hill” con Bruno Zanchi.

Nel 1993 fu Campione del Mondo MTB specialità “Cross Country” con Dario Acquaroli.

Nel 1995 Bianchi rivisitò a fondo i modelli city bike attraverso un ‘Progetto City’ volto all’applicazione, per la prima volta su biciclette, di futuristiche strutture di telaio realizzate con parametri ergonomici di nuova concezione.

 

1998: l’anno del trionfo. Marco Pantani fa il vuoto al Giro d’Italia ed al Tour de France: una doppietta riuscita solo a pochissimi, per dimostrare a sé ed agli altri di non essere solo l’uomo delle vittorie di un giorno, delle fughe in montagna fine a sé stesse. Il miglior Pirata, il ritratto della gioia incontenibile: quello che tutti vogliono e continuano a ricordare. Ma è anche l’anno di Stefano Garzelli, amico fidato e fedele compagno del Pirata, che al Giro di Svizzera “bagna” per la prima volta la sua carriera e di Marco Velo, della vittoria nei Campionati italiani a cronometro, degli straripanti successi MTB dei team Martini Racing (cross country e downhill).

Nel 1999, mentre la vita ed il destino giocano con i sogni del Pirata, infrangendo la sua rincorsa alla gloria assoluta, Marco Velo lo affianca con dedizione unica, confermando però anche tutte le sue formidabili doti di cronoman. Per Bianchi Mercatone Uno, squadra solida ed unitissima, è la conferma di un talento. Dario Aquaroli e Nadia De Negri, insieme al nuovo gioiello francesce Gregory Vollet, confermano il team Martini Racing MTB come una delle indiscusse realtà in ambito offroad.

2000

Mentre Garzelli vince il Giro del Giubileo “scortato” da Marco Pantani, e Velo umilia per l’ennesima volta il cronometro laureandosi nuovamente campione italiano, il secolo si chiude con l’anno d’oro delle Mountain.

a.v.e.r