Giovanni Pettenella, detto Vanni, nasce a Caprino Veronese il 28 marzo 1943. La sua eroica carriera inizia come pulcino del Milan, ma il padre era stato ciclista, dilettante e certe cose rimangono nel sangue. A 16 anni, con il consenso del padre si iscrisse alla scuola Fausto Coppi al Vigorelli, dividendo le giornate tra allenamento in pista e lavoro nel negozio di alimentari della famiglia
“…giravo, studiavo, copiavo, sprintavo, rallentavo, tentavo il surplace, cadevo, mi attaccavo alla rete, i piedi dentro nei puntapiedi, io e la bici sdraiati, appesi, in bilico, come su una parete. Non mi restava che chiamare il Renzo, il custode, per farci tirare giù“.
Con le sue vittorie, Pettenella ha valorizzato l’immagine vincente dell’Italia nel mondo. Oltre all’oro olimpico, a Tokyo conquistò anche l’argento nella gara di velocità con partenza da fermo. Vinse il gran premio Città di Milano nel 1963, fu medaglia d’oro nella gara di tandem ai Giochi del Mediterraneo a Napoli nel 1963, campione italiano di velocità su pista negli anni 1960-1961-1962-1963. Ad oggi resiste ancora il suo record del mondo di surplace, 1 ora e 5 minuti, ottenuto nel campionato italiano del 1968.
“Potevo cambiare dieci volte in una volata sola. Io li guardavo tutti, i miei avversari, e mi sembrava che non ce ne fosse uno più debole di me. Allora mi ingegnavo. Se il mio avversario preferiva partire lungo, lo facevo partire il più corto possibile. Se preferiva fare la volata in testa, gli stavo davanti. Se preferiva lanciarsi, lo facevo partire da fermo. Se preferiva partire da dietro, facevo il surplace. Ho il record del mondo di surplace: un’ ora, 5 minuti e 5 secondi, Varese, campionati italiani 1968, semifinale con Bianchetto. Poi svenuto. Lui. In finale con Beghetto. Perso. Io.
In pista non si guarda in faccia a nessuno. Il gioco del su e già. Il gioco che a 70 all’ora lo lasci passare e poi lo mandi sul prato o lo sbatti sulla rete. Il gioco che in certi punti della pista ci si sta da soli.”.
Al ritiro da professionista, nel 1975, aprì la sua officina-bottega in Via della Semplicità, vero e proprio laboratorio in cui c’era dentro di tutto: arte e scienza, tavolo e letto, cucina e museo, capolavori e rottami. Per la sua vittoria a Tokio Pettenella era ancora molto apprezzato e rinomato in Giappone, paese con il quale mantenne solide relazioni professionali anche come costruttore di biciclette. Fu il primo in Italia a montare le proprie bici con gruppo Shimano Dura Ace, marchio a metà anni ’70 ancora pressoché sconosciuto nel nostro paese, (la distribuzione organizzata dei prodotti Shimano in Italia prenderà avvio solo alla fine degli anni settanta con la costituzione della Mic di Amedeo Colombo), una sinergia che venne poi consolidata da un vero e proprio contratto tra le due parti. Alla fine degli anni settanta Vanni costituì un Gruppo sportivo Pettenella-Shimano, ancora oggi in attività sotto al nome Ciclisti Dergano.
“…le Seigiorni. A Montreal si correva nello stadio dell’ hockey, due rettilinei e due virgole come curve, lì si imparava alla svelta, e chi non imparava, volava via. La prima sera me lo vedo ancora, De Lillo, che volava sopra i tavoli. Di Seigiorni ne ho fatte una decina e, a Melbourne, in Australia, ho anche vinto. Bel mondo di banditi, in pista, e fuori. Una volta Faggin fece ritirare i premi a un certo Campana, italiano, che abitava lì , Adelaide, Australia. Campana ritirò volentieri i premi, andò a giocarli ai cavalli e non si fece più vedere.”.
Forte della sua esperienza di pistard professionista riuscì nell’ideare e ad apportare sulle proprie biciclette diverse e importanti intuizioni meccaniche e strutturali, purtroppo non valorizzate a livello industriale a causa delle ristrettezze economiche. Nei primi anni ’70 il concetto di design aerodinamico nei telai delle biciclette da competizione era un concetto ancora sconosciuto ai più ma non a Pettennella, il quale in soli due anni di studio e ricerca riuscì, primo nella storia, a realizzare e brevettare un sistema (pressione a freddo) per ovalizzare i tubi dei telai. Nel 1982 Ernesto Colnago acquistò i diritti di uso del brevetto e incaricò lo stesso Pettenella di realizzare i telai delle sue Oval CX (1983-1985).
Altre sue importanti invenzioni furono la prima ruota a 4 razze, le prime apparecchiature di elettrostimolazione da utilizzarsi al posto dei massaggi convenzionali, il primo ciclocomputer a manubrio e i primi pedali disegnati su base biodinamica.
Dopo la fine della carriera da professionista, oltre al lavoro di costruttore, fu direttore tecnico del velodromo Vigorelli e Commissario Tecnico pista italiana, portando nel 1976 ai Mondiali di Monteroni di Lecce, Francesco Moser all’oro nell’inseguimento individuale, Giordano Turrini all’argento nella velocità e Avogadri al bronzo nella specialità dietro motori. Alla sua guida nel 1972, a Parigi, la nazionale italiana partecipante ai Mondiali Militari vinse tutte le medaglie in palio, come anche arrivò all’oro il quartetto Morbiato, Algeri, Bazzan, Borgognoni ai mondiali di Varese nell’inseguimento a squadre.
La pista fu per Vanni la vita, sempre disponibile a raccontare storie e spiegare a vecchi e giovani appassionati i trucchi del mestiere, come frenare solo usando la mano con il guanto sulla ruota o incollare correttamente i tubolari ai cerchi. Ci ha lasciato purtroppo a soli 66 anni, dal febbraio del 2010 riposa nella cripta sotto il Famedio del Cimitero Monumentale, il Pantheon dei Grandi di Milano.
Intervista a Giovanni Pettenella, di Camilla Candida Donzella
Vanni Vanni Pettenella – Foto Francesco Dolfo
Vanni Pettenella – Foto chaingang rotafixa
L’officina-bottega di Vanni Pettenella – Foto Mean Miller
L’officina-bottega di Vanni Pettenella – Foto Francesco Dolfo
L’officina-bottega di Vanni Pettenella – Foto Camilla Candida Donzella
L’officina-bottega di Vanni Pettenella – Foto Pedalhome
collezione privata
un ringraziamento a Frametellers
fonte: Gazzetta dello sport
Mi è sembrato di cogliere sulla bici il Gruppo Campagnolo Record del cinquantenario, dove il cambio deragliatore posteriore è stato applicato ad una sorta di appendice necessaria a distanziarlo, al fine di poter montare rapporti massimi posteriori dell’ordine di 28 denti ed oltre.
potrei avere una foto?