L’attività in campo ciclistico di Alfredo Focesi inizia prima della guerra 1915-18 come collaboratore di un campione dell’epoca che aveva aperto un negozio. All’inizio degli eventi bellici, Focesi rileva il negozio e, dopo la guerra, alla quale aveva partecipato con onore, inizia a pieno ritmo la sua attività. La fondazione dell’azienda risale al 18 agosto 1921 da Alfredo Focesi, grande appassionato di corse ciclistiche, Francesco Galmozzi (che in seguito avrebbe fondato l’azienda omonima) e Artemisia Gerbi, moglie del Focesi e sorella del corridore Giovanni Gerbi ( il diavolo rosso) .
La ragione sociale completa, “A.M.F. Gloria” derivava dalla contrazione delle parole “Alfredo Focesi di Milano. Nella Sportivo appassionato e imprenditore moderno e creativo, all’inizio del 1922, da un modesto capannone di legno di 90 metri quadrati sito in via Scarlatti, fa uscire la prima bicicletta “Gloria”. Il nome è certamente immodesto ma di buon auspicio: le biciclette “Gloria” si affermano subito in modo clamoroso e, anche se la produzione è ancora limitata, già alcuni dilettanti di fama vincono usando i gioielli di Focesi.
I campioni della “Gloria” corrono solamente per passione, non percepiscono stipendi ma solo premi in caso di vittoria. Alfredo Focesi è buono e, nei limiti del possibile, munifico. Tratta molto bene sia i suoi dipendenti sia i suoi corridori. Tutti gli vogliono bene tanto che cominciano a chiamarlo “papà Focesi”.
La fortunatissima azienda deve perfino rinunciare ad ordinazioni, non essendo in grado di soddisfare tutte le richieste. Sono indispensabili nuovi impianti.
Nel 1929, papà Focesi non resiste al desiderio di formare una squadra di ciclisti professionisti. Le bici sono di uno splendido grigio satinato, le maglie sono grigie con fascia blu, come quelle dell’Atala, vincitrice dell’unico Giro d’Italia corso a squadre quando Alfredo Focesi era giovanissimo.
All’esordio della Milano-Sanremo, i corridori di papà Focesi affrontano la corsa con tale baldanzoso impeto che qualche giornalista li definisce “i garibaldini”. I “garibaldini”, con la loro generosità in corsa, diventano i beniamini degli sportivi che amano il loro modo di correre spregiudicato e battagliero.
Papà Focesi è fiero dei suoi corridori e, su tutte le sue bici, nella parte anteriore del tubo orizzontale, all’interno di una zona triangolare blu filettata in giallo oro, fa apporre la scritta “La Garibaldina”.
Già nel 1929 il “garibaldino” Mario Bianchi vince la Orvieto-Siena del Giro d’Italia. Nel 1930 Ambrogio Morelli (se non ricordo male nonno di Giuseppe Saronni) è quarto nella classifica finale di quel Giro orfano di Alfredo Binda, pagato per starsene a casa per manifesta superiorità.
Il 1931 è l’anno del trionfo al Giro con la vittoria finale di Francesco Camusso.
Negli anni ’30 la “Gloria” vince anche una Milano-Sanremo con Varetto, due giri di Toscana con Caimmi e Piemontesi e due giri di Lombardia con Mollo e Piemontesi.
Poi arriva la tragedia della seconda guerra mondiale. Dal 1941 al 1943 Alfredo Focesi aiuta come può diversi corridori come Canavesi, Cristofori, Zuccotti. Nel 1941 corrono per la “Gloria” due siciliani saliti al nord per fare i ciclisti professionisti: Mario Fazio e Giovannino Corrieri.
Finalmente finisce la guerra, papà Focesi non torna alle competizioni. Il lavoro nel capannone di viale Abruzzi 42 aumenta a vista d’occhio: la bicicletta è il mezzo di trasporto più diffuso. Intorno al 1950 la “Gloria” produce 25 mila biciclette l’anno: uomo, donna, corsa, bambino.
Da Focesi imparano il mestiere prima Faliero Masi e poi Ernesto Colnago. Colnago arriva come aiutante saldatore nel 1945, non ha ancora i quattordici anni previsti dalla legge e si modifica la data di nascita. Il giovane Ernesto da Cambiago comincia a correre per il colori dell’Aurora Desio. Nel 1951 partecipa alla Milano-Busseto, cade e si rompe una gamba: 60 giorni di gesso. Papà Focesi gli manda le ruote da montare a casa. Nel 1952 Colnago si mette in proprio.
In questi anni la “Gloria” è considerata una bicicletta d’elite, la Lancia delle biciclette. Un esempio è rappresentato dalla finitura delle congiunzioni: nei modelli marchiati “La Garibaldina” le congiunzioni vengono sottoposte ad una particolare limatura per la quale l’operaio impiega dalle tre alle quattro ore mentre nei modelli normalmente in commercio il tutto si risolve in mezz’ora di lavoro.
Oltre alle tre vetrine di viale Abruzzi, papà Focesi apre un bellissimo negozio con otto-dieci vetrine in corso Buenos Ayres, all’angolo con via Scarlatti. La gente passa e non può non fermarsi ad ammirare quei preziosi gioielli. Per me fermarmi un quarto d’ora è normale e vado in sollucchero per i modelli da corsa.
Ma gli anni passano. L’ultima bici da corsa vista in quella vetrina di corso Buenos Ayres costa 39.900 lire, manubrio Ambrosio, Sella Aquila, tubolari Pirelli, freni Universal, Cambio Campagnolo Gran Sport. Corre l’anno 1956. Poco dopo viene diminuito il numero delle vetrine, poi il negozio si riduce a due luci, poi chiude definitivamente: la favola della “Gloria” è finita.
Dopo qualche mese il grande negozio di corso Buenos Ayres angolo Scarlatti diventa una grande esposizione di pellicce: siamo in pieno “boom” economico.
da giannibertoli.it
collezione privata
Questa Gloria è sport no corsa, ha i portapompa saldati sul tubo verticale e la placchetta saldata sul carro orizzontale vicino al forcellino del cambio, dove veniva fissato la parte finale del carter a “pistola”