“Una volta se correvi in bici e avevi qualche ambizione mettevi da parte i soldi e prima o poi andavi a farti fare una bicicletta come si deve da un artigiano che aveva fama di eccellenza. A Milano i nomi erano i soliti: Cinelli, Galmozzi, Masi, Pogliaghi. Era un po’ come andare dal sarto: il telaista ti misurava, poi sceglieva la stoffa, i tubi, e il taglio, vale a dire lunghezze, altezze e inclinazioni, in funzione dalla specialità, strada o pista, inseguimento o velocità, e confezionava un telaio che ti cadesse a pennello proprio come un abito ben fatto.
Il telaista lavora peró il metallo e non il tessuto e i suoi strumenti di lavoro sono simili a quelli del fabbro: morsa, lima, martello, cannello per saldare, insieme a qualche prezioso e insostituibile utensile autocostruito. Ci vogliono poi buone mani, passione ed esperienza. Oggi tanto i vestiti quanto le biciclette si comprano nei grandi magazzini, di sarti non ce ne sono quasi più, e nemmeno di telaisti. Se andate in cerca di qualcuna delle vecchie botteghe milanesi molto probabilmente ci trovate un bar alla moda dove un bicchiere di rosso vi costa come un pranzo in trattoria ma non sanno nemmeno dirvi che vino è…”
Queste parole rappresentano perfettamente ciò che è stato il panorama dei tealisti milanesi.
Galmozzi fà parte di questa piccolo gotha di telaisti, la cui cultura sartoriale è da tempo finita nel dimenticatoio… purtroppo.
Galmozzi aveva la sua piccola bottega, con pochi operai in via Melchiorre Gioia, a Milano. Produceva anche telai marcati con il proprio nome, ma gran parte della produzione finiva a terzi, la sua clientela era svariata: cicloamatori, dilettanti, professionisti, negozi di bici e squadre ciclistiche…
Fece esperienza nella Gloria di Alfredo Focesi (anzi pare fosse uno dei primi soci fondatori del marchio milanese), dove lasciò la sua impronta nelle raffinatissime biciclette Garibaldina, con le loro congiunzioni a giglio.
Come tutti i celebri telaisti milanesi, anche Galmozzi attira collezionisti da tutto il mondo, soprattutto dagli Stati Uniti e Giappone, dove il buon made in italy è preso davvero sul serio.
Tra i telaisti milanesi di fama, Galmozzi fu forse il più prolifico, forse proprio per la bontà dei suoi telai.
Tipo semplice, ma dotato di forte spirito ed ironia il vecchio Francesco Galmozzi, giocò con il suo cognome creando il logo del suo marchio, piazzando un galletto appollaiato ad un mozzo!
cit Aver collezione privata