una vita sulle strade bianche
Legnano 1975
collezione privata
dopo tante fatiche , il meritato riposo
conservata
levetta campagnolo piatta modella degli anni 70
conservata
caratteristico bullone reggisella
La storia della Legnano
La storia dei grandi marchi di biciclette italiane comincia dalla L di Legnano.
Nessun marchio ciclistico come la Legnano può vantare un numero simile di successi in campo sportivo, grazie a campioni come Binda, Guerra, Bartali, Coppi e Baldini.
Quello della Legnano è uno dei marchi ciclistici più antichi e conosciuti del mondo. Fin dal 1902 il nome Legnano ha significato qualità, affidabilità e stile nella produzione di biciclette. La grande tradizione Legnano si è formata sulle strade delle gare più importanti, come il Tour de France, il Giro d’Italia e le tante classiche vinte.
E’ il 1902 quando l’officina di Vittorio Rossi inizia la sua attività di produzione biciclette. Sui telai in acciaio delle sue biciclette compare la scritta “Lignon”. Il marchio si dimostra da subito vincente: da lì a poco arriva infatti la prima vittoria in una gara ciclistica, la “Coppa Val di Taro”.
Il nome Legnano entra nel mondo di tutti i giorni nel 1908, quando un certo Emilio Bozzi fonda la sua compagnia “Emilio Bozzi & C”. con sede a Milano, in Corso Genova 9. La sua intenzione è di produrre biciclette complete, seguendo quello che solo gli inglesi avevano già iniziato a fare in quel periodo. Bozzi aveva nel frattempo acquisito i marchi Perla e Frejus.
Il primo modello prodotto si chiama Aurora. In seguito Emilio Bozzi si mette in società con Franco Tosi, un uomo d’affari di Legnano che stava cercando nuove opportunità di affari nel settore della produzione di biciclette. Lo stesso Tosi aveva già acquisito alcuni brevetti da una nuova compagnia inglese, la Wolsit. L’azienda, non ancora specializzata nella costruzione di biciclette, produsse il “Ciclomotore Wolsit”, fabbricato tra il 1910 e il 1914, di cui in seguito vendette il brevetto alla tedesca N.S.U.
La svolta avviene nel 1924, quando il fascismo inizia ad interessarsi al mondo dei campioni dello sport ciclistico. L’ordine tassativo è che tutti i ciclisti italiani dovranno correre solo su biciclette italiane. E’ in questo momento che arriva la prima grande intuizione di Bozzi: offrire un contratto a vita ad un giovane imbianchino che trasferitosi in Francia con la famiglia, già si era distinto in 38 diverse gare ciclistiche: nasce così il mito di Alfredo Binda.
Nel frattempo il nome dell’azienda cambia e si trasforma in Legnano. Il simbolo che la rappresenta è quello di Alberto da Giussano, il condottiero che riuscì a sconfiggere Federico Barbarossa. Si dice che sia stato lo stesso Binda a disegnare il primo bozzetto del marchio Legnano. Le biciclette Legnano passano da un iniziale colore blu al verde oliva, prima di approdare dalla fine degli anni ‘30 al caratteristico color “ramarro”. I telai Legnano presentano una caratteristica che li rende subito riconoscibili: il bullone ferma sella è posizionato nella parte anteriore del piantone verticale.
Binda si dimostra un vero investimento per la Legnano: con la casacca verderossa vince 5 edizioni del Giro d’Italia, nel 1925, 1927, 1928, 1929 e 1933. Nel 1930 l’organizzazione del Giro lo pagò 22.500 lire perché non partecipasse. Il marchio Legnano diventa così famoso in tutto il mondo. Mentre la fabbrica produce eccellenti biciclette, il settore sportivo viene affidato ad Eberardo Pavesi detto “l’avucatt”.
Con lui alla guida la Legnano raggiunge l’apice del ciclismo mondiale: 6 titoli mondiali conquistati (solo Binda ne vince 3) 15 edizioni del Giro d’Italia, 2 Tour de France e dozzine di altre classiche vinte.
Il mito di Binda tramonta nel 1930 a causa di una brutta caduta. In quel periodo inizia a farsi sentire la rivalità con la Bianchi. Pavesi però ha un altro asso nella manica: il suo nome è Gino Bartali, che approda in Legnano nel 1936 a soli 22 anni, dopo una stagione passata alla Frejus. Bartali ringrazia della fiducia vincendo nello stesso anno il Giro d’Italia e due anni più tardi regala alla Legnano il suo primo successo al Tour de France. Il colore giallo che sostituisce per il Tour il tradizionale verde Legnano porta bene alla casa milanese.
Con Bartali riparte una nuova stagione di successi per la marca del guerriero, che arriva al suo apice nel 1939 quando Pavesi affianca all’esperto Bartali un giovane “tutto pelle e ossa”, chiamato Fausto Coppi.
Senza saperlo, Pavesi aveva dato il via alla sfida ciclistica che da lì a poco avrebbe diviso l’Italia in due. Fino al 1942 Gino e Fausto corrono fianco a fianco nella Legnano macinando successi contro tutti i loro avversari. A dividerli ora non è la loro rivalità, ma la seconda Guerra Mondiale che li farà reincontrare solo 5 anni dopo e da avversari. Prima della pausa forzata a causa del conflitto militare Fausto regala un’ultima fiammata ai tifosi Legnano: è il record dell’ora che conquista al Vigorelli di Milano sotto i bombardamenti nemici.
Nell’immediato dopoguerra l’Italia ha bisogno di eroi a cui attaccarsi. Li trova nel mondo del ciclismo: i loro nomi sono Gino e Fausto, che per la gioia di tutti tornano a correre sebbene per squadre separate. Coppi ha appena siglato un contratto con la Bianchi. Ma Bartali non intende lasciargli spazio e mostra il suo carattere con la vittoria al Tour de France del 1948. Nel 1949 Gino lascia la Legnano, che stenta a trovare un sostituto alla sua altezza. L’astinenza dal podio dura fino al 1956. Alle Olimpiadi di Melbourne il giovane forlivese Ercole Baldini vince la gara di corsa su strada e riporta il marchio di Emilio Bozzi sui gradini più alti del mondo. Da lì a poco Baldini regalerà un’altra serie di successi alla Legnano: su una bicicletta leggerissima per l’epoca batte il record dell’ora di Coppi, mentre nel 1958 si aggiudica il Campionato del Mondo.
La Legnano stenta a trovare campioni alla portata della sua storia e inizia un lento ma inesorabile declino, che culmina con l’assassinio di Emilio Bozzi negli anni ’70 ad opera di un gruppo terroristico. Dopo la sua scomparsa, la famiglia non intende rilevare l’azienda, che dopo un periodo di vicissitudini nel 1987 viene ceduta alla Bianchi, rivale di sempre.
Oggi entrambi i marchi sono stati acquisiti dalla multinazionale Cycleurope, che ha deciso di mantenere alta la tradizione del marchio Bianchi, a discapito della Legnano, relegata a produzioni economiche di basso livello.
a.v.e.r
nel 75 legnano aveva già il ferma sella posizionato a fine telaio
sembrerebbe un modello antecedente a cui è stato applicato l’adesivo olimpiade specialissiama
curioso
Luciano
Bella storia che ho letto la mia domanda e quando la Legnano ha rilevato il marchio Frejus a costruito le bici Freyus su modello Legnano bici Legnano e bici Frejus praticamente sono uguale? le distingue solo gli adesivi?
Grazie se ho una risposta per capire le bici Frejus infatti ho una frejus colore giallo verde uguale al colore Legnano