bici corsa -GERBI – diavolo rosso

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in attesa che l’ amico Luciano ritorni con la sua rarissima Gerbi

ecco un po’ di storia

Giovanni Gerbi, il Diavolo Rosso

Ostinato, innovatore, perfezionista, furbo. Un mito: Giovanni Gerbi, il primo vincitore del Giro di Lombardia

Piombò nel bel mezzo di una processione mentre era in fuga. Il prete alla vista di questo indiavolato con un maglione rosso, lo definì con un soprannome che ancora oggi è più conosciuto del suo stesso nome: il diavolo rosso. 

Giovanni Gerbi nasce il 4 giugno 1885 nella borgata Trincere, un gruppo di case che si affaccia sulla sponda sinistra del Tanaro, a pochi km da Asti. E’ il primogenito di una famiglia che, pur non essendo ricca, riesce a tirare avanti abbastanza tranquillamente. Giovanni vive una fanciullezza molto vivace dove si segnala per la sua irruenza ed esuberanza; a undici anni viene mandato a lavorare da uno scalpellino ma vi resiste per pochi giorni come accade da un sarto, da un salumiere, da un fornaio ed in un’impresa di costruzioni.

Giovanni non sopporta questi lavori per più di un mese, ma il padre non demorde e lo conduce a tredici anni da un meccanico di biciclette; e qui Giovanni trova il suo mondo e scopre quel magnifico mezzo di locomozione che è la bicicletta. Comincia a percorrere km su km in sella ad una vecchia bicicletta donatagli dal suo datore di lavoro.

A quindici anni, sommando i suoi risparmi a quelli del padre, riesce a comprarne una dal costo non trascurabile di trenta lire e finalmente si sente “realizzato”. Durante una delle sue “gite” in bicicletta, nell’estate del 1900, si reca a Torino dove scorge un gruppo di ciclisti intenti a prepararsi alla partenza di una corsa: si avvicina, parlotta un pò con loro e capisce che non può perdere l’occasione. Si iscrive subito (una lira il costo) e si allinea al via della Torino-Rivoli e ritorno: è la sua prima gara e, nonostante l’inesperienza, coglie subito un onorevole sesto posto. Qualche giorno dopo si reca nuovamente a Torino e partecipa alla Torino-Trana e ritorno dove stavolta giunge secondo al termine di una tumultuosa volata. Giovanni si allena con continuità e quando viene organizzato il Campionato Astigiano di resistenza è tra i primi iscritti.

Sfoggia un maglione rosso che diventerà il suo famosissimo simbolo e, nonostante non fosse favorito, taglia per primo il traguardo, ottenendo la prima vittoria importante. I suoi genitori continuano ad osteggiarlo e verso la fine del 1900 comincia a pensare di abbandorare la città. Nei primi mesi del 1901 si trasferisce a Milano e trova un impiego presso un fornaio. Comincia a recarsi assiduamente nella Piazza d’Armi dove quasi quotidianamente si svolgono delle piccole gare e dove, nonostante non sembri dotato di grande sprint, vince spesso.

Alla domenica se ne andava in giro per la Lombardia a cercare le corse. Vinse la Milano-Magenta e ritorno, la Milano-Varese e la Milano-Pavia poi declassato per irregolarità. Nel provinciale alessandrino andò in fuga da solo, ma a 3 km. dall’arrivo forò e venne ripreso. Nella volata concluse secondo.

A fine 1901 sedicenne contò dieci successi in gare vere. Nel 1902 ancora fra i protagonisti in Piazza d’Armi, a Milano, dove era l’idolo. La Gazzetta dello Sport stava organizzando la Gran Fondo di 540 km. Milano-Torino e ritorno e Gerbi fu fra i 71 partenti. A 2 km. dall’arrivo si preparò la volata; ci fu uno sbandamento e cadde. Vinse Busoni e il diavolo rosso chiuse quinto pedalando con una gamba sola. Si riprese e vinse con la Milano-Trecate, la Milano-Alessandria e la Milano-Erba, pur presentandosi a quest’ultima corsa con l’amico Remondino con 15′ di ritardo. I due che non erano stati svegliati per tempo, nella locanda dove erano ospitati, non persero tempo e partirono all’inseguimento degli avversari. Recuperarono l’intero gap superando tutti e concludendo primo e secondo.

Nel 1903, a soli 18 anni, Gerbi diventò professionista. Pochi mesi prima vinse la Coppa del Re la più prestigiosa gara dell’epoca, per distacco, sul traguardo di Novara da autentico dominatore. Pensò solo alle corse, studiando in dettaglio i percorsi, analizzando difetti e debolezze di ogni singolo avversario e si esaltò nella ricerca della perfezione e dell’impresa. Fu un autentico precursore. Il 19 aprile del 1903 vinse la Milano-Alessandria con uno sprint in progressione poi il 10 maggio fece sua la Milano-Piacenza-Genova giungendo tutto solo sulla pista del Bisagno. Seguirono la Milano-Torino ed il Circuito di Cremona. Nella Gran Fondo (600 km.) del 23 luglio partì forte ed a metà gara era già solo al comando, ma non gestì al meglio le forze, entrò in crisi, venne superato e si ritirò. A fine agosto nella Ovada-Acqui-Asti-Novi L.-Ovada venne battuto allo sprint da Carlevaro.

Si accese intanto la rivalità col conterraneo Cuniolo. A settembre si correva la sesta edizione della Corsa del Re ed il Diavolo Rosso compì un’altra impresa arrivando solo al traguardo di Milano. Terminata la stagione su strada Gerbi pensò di esordire su pista e viste le sue carenze in volata scelse il mezzofondo anziché la velocità. L’esordio avvenne a fine ottobre, sull’anello del Trotter di Piazza Doria di Milano, in una Sei Giorni dietro allenatori meccanici, in cui vinse alla grande.

La Francia lo attirò e nel 1904 (a 19 anni) vi ritornò per disputare la Bordeaux-Parigi in cui arrivò decimo. Ma venne poi squalificato con molti altri per aver fruito di aiuti irregolari. Decise allora di andare al Tour rinunciando alle corse del calendario italiano, ma lo concluse alla seconda tappa sul Col de la Republique quando il gruppo, di cui faceva parte, venne aggredito dai tifosi del beniamino locale Faure che era in fuga. Il nemico da colpire era Maurice Garin, ma confusione ed oscurità nell’ignobile attacco alla cieca lo videro ferito. Si rialzò, provò a proseguire, ma qualche chilometro dopo fu costretto al ritiro. Tornò in Italia avvilito oltre che ferito, ma intenzionato a riscattarsi, invece fu costretto al ritiro anche nella Gran Fondo.

A 19 anni visse il suo momento più difficile più per sfortuna che per demeriti. Ma è ancora tanto popolare ed apprezzato, tanto che l’U.V.I. lo iscrisse al mondiale di mezzofondo del 4 settembre 1904 al Velodromo Crystal Palace di Londra. Durante la corsa cade e non diede segni di vita. All’ospedale le sue condizioni apparirono subito molto gravi. Rimase in coma per cinque giorni poi si riprese grazie alla sua eccezionale tempra fisica che gli consentì subito un buon recupero.

Nella prima metà del 1905 gareggiò poco, ma non ottenne risultati. La grinta intatta ed il desiderio di tornare a vincere gli permisero un rivoluzionario sistema di allenamento sempre sullo stesso percorso dove cronometrava i suoi tempi verificando le differenze ed i miglioramenti. Poi iniziò ad andare in salita, realizzando un accenno di quelle che successivamente sarebbero diventate “le ripetute” scattando più volte ad intervalli regolari. Incrementò il numero dei chilometri percorsi e si preparò accuratamente per la corsa nazionale del 23 luglio che vinse dominandola. Nella seconda metà del 1905 si riaffermò come il nostro miglior corridore praticando sempre l’attività di stayer e vincendo a Torino ai primi di ottobre l’assoluto professionisti. L’8 ottobre vinse la Coppa d’Alessandria sul rivale Cuniolo staccandolo di 6’50″.

La Gazzetta dello Sport stava organizzando il primo Giro di Lombardia e Gerbi lo preparò scrupolosamente, tanto che ogni giorno si recava sul percorso per verificare la condizione delle strade, ma anche i punti più difficili (quelli in salita) da superare. Migliorò anche la sua aerodinamicità sul sellino per favorire maggior velocità al mezzo dei tratti in discesa. Per la prima volta provò i tubolari invece delle gomme piene, ottenendo non pochi vantaggi. Il 12 novembre la corsa (quasi un mese dopo rispetto ad oggi) e Gerbi la vinse con 40′ di vantaggio su Rossignoli. Dominò ancora in tantissime gare a testimonianza di questa sua grande superiorità ed esuberanza fisica di autentico grande campione. La sua scomparsa avvenne in Asti il 7 maggio del 1954 a 68 anni, ma già nella leggenda da alcuni decenni dopo aver vinto tutte le corse più importanti dell’epoca.

Questa la storia sportiva di Giovanni Gerbi

1900 – 1901. La domenica se ne andava in giro per la Lombardia a cercare le corse: vinse la Milano-Magenta e ritorno, la Milano-Lecco, la Milano-Varese e la Milano-Pavia anche se poi questa vittoria gli venne tolta per irregolarità. Nel Campionato Provinciale Alessandrino va in fuga da solo, ma a tre km dall’arrivo fora e viene ripreso; nella volata finale si deve accontentare del secondo posto. Alla fine del 1901 il dilettante Gerbi (non ancora diciassettenne) si è comunque fatto notare e ha vinto una decina di corse vere.

Nel 1902 Gerbi è ancora tra i protagonisti delle sfide nella Piazza d’Armi di Milano dove ormai è già diventato un idolo. La Gazzetta dello Sport organizza la Gran Fondo, corsa di 540 km da Milano a Torino e il 21 giugno Giovanni è tra i 71 partenti di questa autentica ed estenuante maratona. Rimane costantemente nel gruppo di testa, superando tante difficoltà, ma a due km dall’arrivo, mentre si sta preparando la volata, si verifica uno sbandamento e Giovanni cade. Vince Busoni mentre Giovanni giunge al traguardo in quinta posizione pedalando con una gamba sola. Successivamente riprende a vincere, cogliendo la vittoria nella Milano-Trecate, nella Milano-Alessandria e nella Milano-Erba nonostante che in questa ultima corsa si presenti alla partenza, insieme a Remondino (uno dei suoi più intimi amici) con 15′ di ritardo. I due, che non sono stati svegliati per tempo nella locanda dove erano ospiti) non perdono tempo e partono immediatamente alla caccia degli avversari, recuperano costantemente terreno, superano tutti e giungono al traguardo primo e secondo. Gerbi è scatenato: si allena con continuità e anche la Piazza d’Armi comincia a stargli stretta. Il 6 settembre è al via della Coppa del Re, la manifestazione su strada più prestigiosa del periodo. Vince per distacco, giungendo al traguardo di Novara da dominatore e ponendosi all’attenzione generale come uno tra i migliori dilettanti del momento. A settembre Giovanni tenta l’avventura anche nel Sud Italia, nella prima edizione della Roma-Napoli-Roma, 450 km lungo strade sconnesse e con il pubblico spesso indisciplinato. Giovanni si reca a Roma in treno grazie all’aiuto di un amico che gli fornisce il denaro sufficiente per un biglietto di terza classe, ma di sola andata. Parte insieme al fido compagno Remondino che però in corsa è presto costretto al ritiro mentre Giovanni perde contatto dai primi poco prima di Cassino e giunge a Napoli con 12′ di ritardo. Riduce lo svantaggio con un bell’inseguimento nel finale ma si deve accontentare del quarto posto (a 9’19″) alle spalle del tedesco Grammel, Jacorossi e Spadoni, confermando tuttavia le sue grandi qualità. Dopo la corsa alloggia tre giorni a Roma presso un suo ammiratore, ma dopo una vivace discussione con alcuni tifosi locali viene “costretto” a sfidare il loro idolo (un certo Antonelli) in una sfida sulla distanza di 50 km al Velodromo di Porta Salaria, mettendo in palio (essendo rimasto senza soldi) le rispettive biciclette. Giovanni trionfa nettamente ma sorge immediato il problema del ritorno a casa: senza soldi e senza mangiare, Giovanni e Remondino non possono certo sperare di tornare in bicicletta per cui si recano alla stazione Termini e spediscono prima di tutto i loro mezzi di locomozione (compreso quello vinto ad Antonelli). Poi vanno in questura dove probabilmente “commuovono” le forze dell’ordine ed ottengono il foglio di via, con viaggio gratuito fino ad Asti. Ci vogliono trenta ore per arrivare da Roma ad Alessandria ed il viaggio si trasforma in un terribile calvario per i due giovani: senza soldi, riescono a mangiare un pò di pane e due banane grazie alla bontà di alcuni compagni di viaggio e quando giungono stremati a casa, Gerbi viene accolto dalla notizia che deve restituire la bicicletta “vinta” perchè questa non era di proprietà di Antonelli.

Le prime stagioni da professionista (1903-1904)

Il giovane Gerbi ha appena 18 anni quando nel 1903, senza alcuna esitazione diventa “professionista”. E lo diventa nel senso più completo del termine: pensa solo alle corse, vive esclusivamente per la vittoria, comincia a studiare attentamente i percorsi di gara, analizza il comportamento degli avversari per individuare i difetti e le debolezze, si esalta nella ricerca della perfezione e dell’impresa. Sotto questo aspetto della “professione” Gerbi è indubbiamente un precursore e quindi nasce e si afferma definitivamente la leggenda del Diavolo Rosso.

Nel 1903 infatti Gerbi si pone definitivamente al centro dell’attenzione generale con una serie stupenda di vittorie. Comincia il 19 aprile nella Milano-Alessandria dove si impone con una volata in progressione di una potenza straordinaria. Il 10 maggio poi è la volta della Milano-Piacenza-Genova dove negli ultimi km riesce ad aver ragione degli avversari e si presenta da solo per primo sulla pista del Bisagno. Seguono le vittorie nella Milano-Torino e nel Circuito di Cremona e Gerbi viene giustamente considerato come uno dei migliori corridori italiani del momento ed è tra i favoriti della Corsa Nazionale (Gran Fondo) che si disputa il 23 luglio su un percorso ancora più lungo dell’anno precedente (600 km). Giovanni parte forte e a metà percorso rimane da solo al comando; impone un’andatura forsennata ma non riesce a gestire le forze per una gara così lunga, entra in crisi, viene superato e si ritira. A fine agosto accusa una nuova delusione: si corre la Ovada-Acqui-Asti-Novi-Ovada e viene superato allo sprint da Carlevaro. Intanto si accende la rivalità con Cuniolo, suo conterraneo, che diventa il vero avversario da battere per il Diavolo Rosso. A settembre si corre la sesta edizione della Corsa del Re e il Diavolo Rosso compie un’altra impresa arrivando da solo al traguardo di Milano. Terminata la stagione su strada Gerbi pensa di esordire nelle gare su pista e viste le sue carenze in volata, non può ovviamente gareggiare nelle prove di velocità e sceglie il mezzofondo, diventando stayer. L’esordio si verifica a fine ottobre sull’anello del trotter di Piazza Doria di Milano in una Sei Ore dietro allenatori meccanici e, nonostante un debutto un pò affrettato, vince alla grande. Nell’inverno gareggia a Parigi anche se raccoglie più sconfitte che vittorie. La Francia lo attira molto e nel 1904 ci ritorna per disputare la Bordeaux-Parigi ottenendo un incoraggiante 10° posto anche se poi la giuria lo squalifica, come molti altri, per aver usufruito di aiuti irregolari. In estate decide di partecipare alla seconda edizione del Tour de France rinunciando in pratica a tutte le corse del calendario italiano. Al Tour in ogni tappa si verificano incidenti, combines, trucchi, misfatti, irregolarità ed inganni tanto che poi i primi quattro della classifica a Parigi verranno squalificati. Per Giovanni il Tour finisce nella seconda tappa, quando sulla vetta del Col de la Republique, il gruppo di cui fa parte viene aggredito dai “tifosi” del beniamino locale Faure che è in fuga. Il nemico da colpire è Maurice Garin ma il gruppo è folto ed è difficile, tra la confusione e l’oscurità, individuare subito il campione francese. Per cui gli spettatori invadono la strada e cominciano il loro vergognoso ed ignobile attacco un pò alla cieca: tra tutti il più malconcio è proprio Gerbi che comunque riesce a rialzarsi, prova a proseguire la corsa ma dopo pochi km deve arrendersi ed è costretto al ritiro per le ferite subite. Torna in Italia avvilito e ferito ma fermamente intenzionato a riscattarsi: è costretto invece al ritiro anche nella Gran Fondo. In questo momento, a 19 anni, Gerbi vive il primo periodo oscuro della sua carriera agonistica, più per sfortuna che per propri demeriti. E’ infatti ancora popolarissimo ed apprezzato al punto che la stessa UVI lo designa ufficialmente come nostro rappresentante ai Campionati del Mondo di Mezzofondo professionisti che si svolgono il 4 settembre al Velodomo Crystal Palace di Londra. Durante la gara Gerbi cade è non da segni di vita; trasportato d’urgenza all’ospedale, le sue condizioni appaiono subito molto gravi. Rimane in coma per cinque giorni poi finalmente si riprende e la sua eccezionale tempra gli consente di rimettersi in sesto abbastanza prontamente. La stagione però ormai è finita e per attuare i suoi propositi di vendetta deve aspettare l’anno seguente.

Il 1905, l’anno delle sue grandi affermazioni

Dopo la brutta caduta di Londra (campionato del mondo stayer del 1904) la ripresa di Gerbi è più lenta del previsto e nella prima metà del 1905 gareggia pochissimo e non ottiene risultati apprezzabili. La sua grinta però è intatta come il desiderio di tornare a primeggiare ed è in questo periodo che mette a punto il suo rivoluzionario sistema di allenamento. Percorrendo infatti quasi sempre lo stesso percorso d’allenamento, comincia a cronometrare i suoi tempi, verificando così i suoi miglioramenti. Poi inizia ad andare in salita, realizzando un accenno di quelle che successivamente verranno chiamate “ripetute”, scattando più volte ad intervalli regolari. Quindi incrementa il numero dei km percorsi e si prepara accuratamente per la Corsa Nazionale del 23 luglio che vince dominando. Nella seconda metà del 1905 così si riafferma come il nostro miglior corridore continuando a praticare anche l’attività di stayer nella quale primeggia conquistando ai primi di ottobre il Campionato Italiano professionisti a Torino. L’8 ottobre vince la Coppa d’Alessandria con il rivale Cuniolo secondo a 6’50″. La Gazzetta dello Sport nel frattempo sta organizzando la prima edizione del Giro di Lombardia e Gerbi si prepara scrupolosamente. Si reca quasi quotidianamente sul percorso a verificare le condizioni della strada e studia i punti più difficili. Inoltre migliora la sua aerodinamicità in sella e per la prima volta prova pure i tubolari invece delle gomme piene ottenendo non pochi vantaggi. Il 12 novembre si svolge la corsa e Gerbi compie il suo capolavoro vincendo con ben 40′ di vantaggio sul secondo (Rossignoli) a testimonianza di una superiorità che gli consente di fregiarsi meritatamente e senza discussioni del titolo di “miglior corridore italiano del momento”, al termine di una stagione veramente esaltante e che rimarrà tra le migliori di tutta la sua carriera. 

E’ il 1906: Giovanni Gerbi ha il difficile compito di confermarsi il miglior corridore italiano e il gravoso peso di essere l’uomo da battere dopo la grande annata precedente. La prima gara disputata è la Milano-Lecco-Milano del 25 marzo dove il Diavolo Rosso non riesce a staccare gli avversari e viene beffato in una tiratissima volata da Cuniolo con il quale ormai è in continua ed accesa polemica. Poi l’8 aprile si corre la Milano-Alessandria-Milano ed è una bella vittoria di Giovanni che stacca tutti e vince in solitudine. La stagione continua tra alti e bassi: il 15 aprile è soltanto 6° nella Milano-Domodossola vinta da Albini; il giorno dopo si ritira nella Domodossola-Milano dove si impone nuovamente il brillante Albini su Cuniolo e Rossignoli. Gerbi si riscatta poi il 6 maggio nella Milano-Pontedecimo che vince con una ventina di secondi di vantaggio su un gruppo di scatenati avversari al termine di un eccezionale allungo nel finale. In tutte queste gare però, sia vincitore o sconfitto, Gerbi non sembra più possedere quella netta superiorità mostrata l’anno precedente. I suoi avversari hanno copiato certe sue innovazioni (soprattutto la programmazione) ed inoltre si gareggia su percorsi raramente superiori a 200 km (le lunghe distanze sono il suo punto di forza).

 

Il 13 maggio si corre la prima edizione del Giro del Piemonte e Gerbi compie una grande impresa vincendo con un margine sul secondo superiore a 40′ dopo una fuga superiore ai 100 km. Dopo questa impresa il Diavolo Rosso si concede un pò di riposo, disertando alcune competizioni importanti come la Milano-Mantova e la Milano-Piano dei Giovi-Milano e si ripresenta alla prestigiosa Corsa Nazionale del 24 giugno ancora ovviamente con i favori del pronostico. Gerbi è tra i protagonisti ma nello sprint finale, tradito dalla sua irruenza, urta con Pavesi e cade. Si rialza e chiude quinto e ultimo del gruppetto dei battistrada. Smaltita la rabbia per la bruciante sconfitta, decide di tentare nuovamente l’avventura al Tour. Tuttavia neanche questa volta la fortuna gli sorride sulle strade francesi: nella prima tappa si piazza 12° mente nella seconda frazione viene letteralmente bersagliato dalla malasorte (fora tre volte nel giro di pochi km), perde moltissimo terreno e, ritenendo di non avere più possibilità di ben figurare, decide clamorosamente di ritirarsi. La prima competizione alla quale si schiera dopo il suo disastroso Tour è la Brescia-Milano-Pallanza del 26 agosto. Ottiene una bella vittoria riuscendo a vincere le ultime resistenze del bravo Danesi. Sulla pista di Pallanza si presenta da solo ottenendo una meritata vittoria anche se il suo vantaggio è risicato. Il 2 settembre si corre il Campionato Piemontese e Gerbi coglie un altro trionfo, sconfiggendo l’eterno rivale Cuniolo dopo 10 ore di battaglia furiosa ma inutile perchè poi il Diavolo Rosso e Manina vengono entrambi squalificati a vantaggio di Ceretti (terzo all’arrivo) per irregolarità varie compiute durante la corsa. Il calendario è sempre più fitto di appuntamenti e il 9 settembre Gerbi si presenta al via nella Milano-Bologna-Roma, in due tappe organizzata dalla Gazzetta.

L’11 settembre si svolge la seconda ed ultima tappa della Milano-Bologna-Roma organizzata dalla Gazzetta. Si va da Bologna a Roma (468 km) con un percorso molto impegnativo che prevede la scalata della Porretta e le pessime condizioni atmosferiche rendono ancora più massacrante la fatica degli atleti. La partenza viene data alle 18 e quindi i concorrenti si trovano ad affrontare la prima salita quando è già notte. Gerbi forza subito l’andatura, seguito da Cuniolo, Ganna, Galetti e Fortuna. All’inizio della Porretta, sotto un vero e proprio nubifragio, con il vento che scuote violentemente gli alberi ai bordi della strada, il Diavolo Rosso si scatena, vince la resistenza di tutti gli avversari (Cuniolo è l’ultimo a cedere), transita per primo in vetta e si tuffa nella buia ed insidiosa discesa. Alle sue spalle molti si sono già ritirati, altri hanno trovato rifugio in un casolare, Cuniolo fora e perde terreno, Ganna esce fuori strada e precipita in un burrone dal quale riemerge grazie al provvidenziale aiuto dell’amico Galetti. Solo Gerbi sembra a suo agio e giunge così a Firenze con una ventina di minuti di margine su Cuniolo ma al posto di controllo non trova nessuno; la giuria infatti, impaurita dalla pioggia e dal freddo, preferisce rimanere rintanata in un confortevole caffè. Gerbi è solo (la macchina con i rifornimenti è rimasta attardata per un guasto) e, inzuppato d’acqua, decide di continuare la marcia, ma invece di dirigersi verso Arezzo sbaglia percorso e prende la strada per Siena. Inconsapevole dell’errore continua a spingere a tutta ma dopo una sessantina di km comincia ad avere qualche dubbio. Sperduto in una campagna scorge l’insegna di un’osteria (ovviamente chiusa) e comincia ad urlare, riuscendo finalmente a farsi aprire la porta. Il proprietario dell’osteria fornisce pietosamente qualcosa da mangiare a Gerbi il quale però alla fine del vorace pasto dichiara candidamente di non avere soldi per pagare. Scoppia una violenta lite e Gerbi è costretto a scappare dalla finestra, non solo per evitare le botte dell’inferocito oste ma anche per sfuggire addirittura all’arresto. Tornato in sella e resosi conto dell’errore, il Diavolo Rosso è costretto al ritiro mentre Galetti, avvantaggiatosi negli ultimi km, arriva trionfalmente al traguardo di Roma.

Il 16 settembre si corre la prima storica edizione del Campionato Italiano professionisti su strada a Roma e il Diavolo Rosso si ritira infuriato quando, complici una caduta ed un incidente meccanico, si rende conto di non poter più contrastare il rivale Cuniolo che infatti conquista la maglia tricolore. Cerca quindi riscatto nella Roma-Napoli-Roma del 20 settembre; va in fuga, rimane da solo al comando ma entra in crisi ed è costretto al ritiro. Per Gerbi è un forte ridimensionamento; è talmente stanco e deluso, dopo una stagione molto intensa e sfibrante, che decide addirittura di disertare il Giro di Lombardia.

Nel 1908 ancora il migliore dopo la squalifica

La stagione comincia senza lo squalificato Gerbi, che nel frattempo continua ad allenarsi come se dovesse tornare alle competizioni da un momento all’altro. Grazie ad un non trascurabile movimento d’opinione pubblica a suo favore, l’UVI decide di riaprire il suo caso nel congresso di Firenze tenutosi a marzo. Dopo un acceso dibattito la squalifica viene ridotta definitivamente a sei mesi: il Diavolo Rosso potrà tornare alle corse il 17 giugno 1908. Proprio il giorno dopo il termine della squalifica si corre l’ottava edizione della Corsa Nazionale e Gerbi ha una gran voglia di dimostrare nuovamente a tutti la sua superiorità: anche se con un pò di fortuna Gerbi stacca tutti e vince. La sua voglia di rivalsa è talmente forte che inizia a gareggiare di continuo, quasi ogni giorno, soprattutto su pista dove dimostra ripetutamente la sua classe. In una riunione al Velodromo Umberto di Torino accetta addirittura di essere accoppiato all’acerrimo rivale Cuniolo insieme al quale sconfigge Ganna e Danesi: questa vittoria dei piemontesi contro i lombardi è il miglior prologo al Giro del Piemonte del 28 giugno. La vittoria in quest’ultima gara convince Gerbi, che si sente in grande forma, a ritentare l’avventura del Tour. Fin dalle prime tappe è costantemente in ritardo e capisce di non poter lottare neppure stavolta per le prime posizioni in una corsa che non sembra adattarsi alle sue caratteristiche. Nella frazione di Nizza finalmente Gerbi esce dall’anonimato e si riscatta: lotta accanitamente, si mantiene nelle prime posizioni, conduce il gruppo anche in salita e ad una ventina di km dalla conclusione si trova nel gruppo di testa.

Improvvisamente un’automobile sorpassa i fuggitivi, alzando un’impressionante polverone e Gerbi, con la consueta astuzia, ne approfitta subito. Allunga nella scia dell’automobile, protetto dal polverone guadagna qualche centinaio di metri e quando i francesi si accorgono della sua fuga è troppo tardi. Il Diavolo Rosso sembra avere la vittoria in pugno ma alla periferia di Nizza si presentano in mezzo di strada le rotaie del tram; Gerbi ha una piccola esitazione e la ruota posteriore della bicicletta va ad incastrarsi in una rotaia, spezzandosi. Gerbi cade e si dispera, tra mille bestemmie prende in spalla la bicicletta e comincia a correre verso il vicino arrivo, sperando di conservare un pur minino vantaggio. Il suo margine è però risicato e gli inseguitori lo superano relegandolo al settimo posto: Gerbi taglia il traguardo a piedi, ansimante, sanguinante, con la maglia strappata, con la bici in spalla e la sua delusione è immensa. Il Diavolo Rosso però non si arrende e già nella tappa successiva, con arrivo a Nimes, torna all’attacco. E’ sempre con i primi e nel finale si trova in testa con Petit-Breton che però si impone agevolmente in volata relegandolo ad un 2° posto che rappresenta per lui un’ulteriore beffa. Nelle frazioni successive Gerbi non riesce più ad emergere e nella classifica finale (a punti) termina 20°, con 246 punti, a ben 210 punti dal vincitore Petit-Breton.

Tornato in Italia dopo la non felicissima avventura al Tour, Gerbi si rituffa con la solita determinazione nelle corse di casa dove rimane sempre tra i migliori protagonisti. Il 16 agosto disputa la Coppa Savona dove si deve accontentare di un terzo posto dopo essere stato anche in testa da solo. Si prende però una bella rivincita nel Campionato Piemontese a fine mese costringendo alla resa tutti gli avversari meno il sorprendente Mario Pesce che batte in volata. Gerbi si concede adesso un pò di riposo per cominciare poi a preparare la Roma-Napoli-Roma che stavolta si disputa in due tappe. Per Gerbi è un trionfo: vince entrambe le tappe, Roma-Napoli e Napoli-Roma, e la classifica finale. A fine stagione prende il via al Giro di Lombardia e, nonostante accusi la fatica e lo stress di una stagione breve ma intensa, alla fine ottiene un discreto 3° posto dietro Faber e Ganna. Si chiude così il 1908 con 5 vittorie in poco più di tre mesi, la delusione al Tour e qualche segno di cedimento per un atleta da 6 stagioni al vertice del ciclismo italiano ma comunque ancora in grado di riservare grandi soddisfazioni ai suoi numerosi ed appassionati tifosi.

Il 1907 di Giovanni Gerbi: dopo i trionfi un terribile inganno

L’avvio di stagione è in sordina e Gerbi viene sconfitto allo sprint da Ganna sia nella Milano-Torino del 24 marzo (2°) che nella Torino-Milano (3°) del giorno successivo. Intanto la Gazzetta dello Sport lancia una nuova manifestazione, prevista per il 14 aprile: la Milano-Sanremo, il cui percorso presenta la durissima ascesa del Turchino e quindi appare in grado di permettere una selezione netta e decisa. Dopo una grande attesa, ricca di pronostici e previsioni, al via si presentano soltanto 33 corridori tra i quali tutti gli italiani più forti del momento ed alcuni grandissimi assi francesi capitanati da Trousselier, Garrigou e Petit-Breton. Quest’ultimo è stato appositamente in

gaggiato dalla Bianchi che allinea nelle sue file anche Gerbi e Rossignoli.

Il Diavolo Rosso ha preparato la gara con la consueta meticolosità ed attacca sotto la pioggia battente. Viene ripreso dal francese Garrigou e decide di non collaborare perchè dietro sta rimontando il “compagno” Petit-Breton; quest’ultimo ad una trentina di km dalla conclusione si riporta sui fuggitivi. Nel finale Garrigou tenta di sorprendere senza successo il duo della Bianchi ma all’ultimo km sono ancora insieme e si preparano alla volata finale. Gerbi sa di essere battuto allo sprint e si schiera ovviamente in aiuto di Petit-Breton, tanto da afferrare Garrigou per la maglia e per il collo a circa 700 metri dall’arrivo, bloccandolo proprio mentre Petit-Breton lancia la sua progressione che lo porta a tagliare per primo il traguardo davanti allo stesso Gerbi. Per la scorrettezza il Diavolo Rosso viene però retrocesso al terzo posto anche se è riuscito ad ottenere il suo scopo: divide infatti il premio destinato al vincitore con Petit-Breton. Tutto però è presto dimenticato e quando il 12 maggio si svolge il Giro delle Antiche Provincie il Diavolo Rosso è ancora tra i personaggi più attesi anzi è il principale favorito anche perché tra l’altro il percorso (336 km) si snoda proprio lungo le “sue” strade. Il netto successo, anche se parzialmente legato alla fortuna, rilancia Gerbi al vertice del ciclismo italiano. Il 2 giugno si corre la Firenze-Roma e Gerbi subisce una cocente sconfitta venendo battuto allo sprint da Galetti. La delusione trova riscatto immediato nella Corsa Nazionale del 23 giugno dove Gerbi ottiene una brillante vittoria.

Successivamente diserta il Tour e si ripresenta alle corse impegnative il 15 agosto con la Coppa Savona. Su un percorso lungo ed impegnativo Gerbi riesce ad imporsi grazie alla sua classe superiore e quindi il 15 settembre è il principale favorito della Milano-Bologna-Firenze con la quale il Diavolo Rosso allunga la sua fantastica sequenza di successi. Adesso Gerbi si concentra sull’ultima grande corsa dell’anno, il Giro di Lombardia, e passa tutto il mese di ottobre ad ispezionare accuratamente il percorso del “Lombardia” (210 km da Milano a Sesto San Giovanni) percorrendolo almeno una ventina di volte, valutando le situazioni più pericolose e studiando i tratti più favorevoli; addirittura trova perfino un accordo con il casellante del passaggio a livello di Busto Arsizio il quale gli assicura di favorirlo, tenendo aperti per lui i cancelli e chiudendoli per gli altri.

Per Gerbi il problema è arrivare al passaggio a livello per primo, in vantaggio su tutti gli avversari. In corsa riesce nella sua impresa e si presenta da solo in testa al passaggio a livello dove i suoi tifosi sono presenti in gran numero. L’entusiasmo è enorme, il Diavolo Rosso attraversa i binari nel tripudio generale e, non appena passato, i cancelli si chiudono. Sopraggiungono velocissimi i primi inseguitori, Rheinwald, Georget e Chiodi; una bicicletta vola in mezzo di strada e fa cadere Rheinwald e Georget. La folla invade la strada, il caos è incredibile: i corridori rimangono bloccati, giungono pure gli altri inseguitori, la confusione è enorme. Solo quando arrivano le auto al seguito si riesce a riportare un pò di ordine; i cancelli si riaprono e la corsa può continuare ma Gerbi è ormai lontano. Il Diavolo Rosso spinge a tutta ed in suo aiuto spuntano pure alcuni “allenatori” nella cui scia ovviamente la fatica è minore.

Inoltre quando il francese Garrigou sta avvicinandosi spuntano alcuni chiodi lanciati sulla strada da tifosi di Gerbi e Garrigou fora, perdendo molti minuti. Al traguardo Gerbi, dopo una cavalcata solitaria di 180 km, precede Garrigou di 38’28″. Subito dopo l’arrivo scoppiano feroci polemiche fomentate dai francesi contro il Diavolo Rosso; spuntano testimoni (tra cui il corridore Mori), si parla dell’episodio del passaggio a livello, ma anche degli “allenatori” e pure dei chiodi. Si scopre che qualcuno sapeva tutto prima della corsa e che sarebbe Gerbi l’organizzatore di tutto. La giuria apre un inchiesta volta a stabilire la verità: le riunioni e gli interrogatori si susseguono tutta la notte mentre Gerbi è stato portano in trionfo dai suoi tifosi. La mattina successiva (4 novembre) il comunicato dei giudici non lascia scampo al Diavolo Rosso che viene retrocesso all’ultimo posto dell’ordine d’arrivo per le irregolarità commesse in corsa ed in particolare “per aver usufruito di uno speciale servizio di allenatori e suiveurs che gli hanno agevolato la corsa in diversi tratti e che è stato da lui stesso organizzato con i corridori Masi, Jacobini e Cavedini”. La vittoria passa quindi a Garrigou (secondo al traguardo) e pure Petit-Breton (terzo) viene squalificato per non aver firmato il foglio di controllo a Como.

Lo scandalo è enorme, i tifosi di Gerbi sono in rivolta, si susseguono le ingiurie e le invettive contro la Giuria e la “Gazzetta”, in Piemonte si verificano ripetute manifestazioni a favore del Diavolo Rosso, che si dichiara all’oscuro di tutto e di non poter essere responsabile degli atti compiuti dai propri tifosi. L’inchiesta dell’UVI va intanto avanti e dopo più di un mese, il 18 dicembre, il verdetto è clamoroso e pesante: squalificato Gerbi per 2 anni, Mori per uno, Jacobini e Cavedini per sei mesi! Lo sgomento e la rabbia sono immensi: Gerbi non è rimasto vittima di un complotto (come per un pò di tempo egli stesso continuerà a sostenere), ha sbagliato ma la squalifica per due anni sembra eccessiva. Nelle prossime due stagioni non sarà più possibile vedere in mezzo al gruppo il suo sgargiante ed inconfondibile maglione rosso.

Nel precoce declino il fortunato tris a Roma nel 1909 di Giovanni Gerbi

Scontata la squalifica, Gerbi ha così tanta voglia di confermarsi il migliore che si prepara come non mai per la Milano-Sanremo. Allenamenti lunghissimi e massacranti che però lo portano a forzare troppo, a bruciare inutilmente troppe energie. Il 4 aprile nella Milano-Sanremo paga le conseguenze di questa sua preparazione sin troppo intensa. Scatta subito dopo il via, alla sua maniera impone come sempre il suo ritmo forsennato, ma alle pendici del Turchino non è ancora riuscito ad operare la selezione vincente come in altre occasioni. Al suo fianco infatti si trovano tutti i migliori e sul Turchino, quando Ganna allunga a ripetizione, Gerbi si trova in difficoltà e perde posizioni, complice anche una caduta. Ganna transita per primo sulla vetta (Gerbi è ottavo) e viene raggiunto da un gruppetto nel quale non figura comunque Gerbi. Ganna riesce a vincere ugualmente la corsa mentre Gerbi è solo 5° a 21″.

Il Diavolo Rosso cerca l’immediato riscatto il 18 aprile nella Tre Coppe Parabiago dove però viene nuovamente battuto: giunge 3° battuto in volata da Cuniolo e Galetti. E’ terzo pure il 2 maggio nel Circuito Bresciano a 12″ dal solito Cuniolo. E’ un brutto momento per Gerbi: a parte la preparazione invernale probabilmente sbagliata, sembra di assistere ad un improvviso declino. E’ vero che si sono disputate solo tre corse importanti e Gerbi ha comunque colto ottimi piazzamenti ma chi lo conosce bene si sta accorgendo che in lui qualcosa non funziona più come nei giorni migliori. Può essere un momento passeggero ma è evidente che i suoi scatti ed i suoi allunghi non producono più gli effetti devastanti degli anni precedenti. L’occasione del riscatto sembra prossima: il 13 maggio infatti comincia la prima storica edizione del Giro d’Italia.

 

La corsa riserva subito sorprese clamorose: poco dopo la partenza della prima frazione (Milano-Bologna, 397 km) si verifica una caduta nella quale rimane coinvolto pure Gerbi. Il Diavolo Rosso rimane a terra qualche minuto, poi si rialza intontito ed infuriato: la sua bicicletta è distrutta e, da regolamento, non può sostituirla. E’ costretto a tornare a piedi fino alla sede della Bianchi a Milano per sistemare i danni. Perde quasi tre ore e, anche se la classifica è a punti e non a tempi, il suo Giro è già compromesso. A Bologna chiude soltano in 92° posizione. Il Giro prosegue senza che il Diavolo Rosso riesca ad emergere (9° a Chieti, 5° a Napoli, 10° a Roma, 21° a Firenze) e, dolorante ad un ginocchio, si ritira mestamente nella frazione che porta i corridori a Genova. Per la prima volta dall’inizio della carriera Gerbi conosce veramente la sconfitta e dopo la batosta al Giro stenta a riprendersi. Corre poco e diserta il Tour, quindi tenta di battere il record dell’ora ma i suoi assalti non hanno esito e confermano la sua crisi: nè il 4 luglio a Milano nè il 18 luglio sulla pista di cemento delle Cascine a Firenze si dimostra infatti in grado di ottenere una performance che possa soltanto avvicinarsi non tanto al record assoluto (41,520 km del francese Berthet) quanto al primato italiano di Ganna (40,405 km). Riesce comunque a tornare alla vittoria nella Coppa San Giorgio ad Alessandria e si piazza terzo nella Coppa Savona preceduto in volata da Cuniolo e Galetti.

Quindi torna alla Roma-Napoli-Roma (nuovamente articolata in due tappe) stavolta senza i favori del pronostico ma ben deciso a difendere il suo prestigio sulle strade che già lo hanno visto emergere più volte. Gerbi coglie il terzo successo consecutivo con una fortunosa gara e si aggiudica pure l’apposita Coppa XX Settembre. Ma la fatica e lo sforzo compiuti in questa tremenda competizione hanno notevolmente incrinato il suo fisico tanto che dopo la corsa il Diavolo Rosso addirittura non riesce più a camminare ed è costretto a rimanere sdraiato a letto per 24 ore di fila! La vittoria comunque è sua, nonostante le inevitabili polemiche sullo svolgimento poco sportivo del finale di corsa. Nel finale di stagione Gerbi non disputa nessuna gara, nè il Campionato Italiano e neppure il Giro di Lombardia.

 

Gli aneddoti

 

Di lui viene scritto sulla Storia aneddotica dello sport italiano: “scavezzacollo in gioventù, impiegato in una sartoria, dopo 2 giorni tirava il ferro da stiro in capo al principale. Più tardi, appreso ad andare in bicicletta, investiva una vecchietta con conseguenze tragiche.

 

In una sfida con Cuniolo sulla distanza di 100 chilometri (si trattava del campionato italiano), trovatosi Gerbi solo con Cuniolo a poca distanza dal traguardo, e resosi conto di non potere in alcun modo battere il suo avversario, in uno scatto d’ira scese di macchina e scagliò la bicicletta a terra, tempestandola di calci…”

Dopo aver trionfalmente vinto il primo Giro di Lombardia nel 1905, si impose anche nel 1907, ma con uno dei suoi inganni. Andò in fuga e non si fermò ad un passaggio a livello che sapeva essere sempre chiuso a quell’ora. I suoi inseguitori furono bloccati da alcuni amici di Gerbi a quel passaggio a livello, e forse vennero anche malmenati. Non contento, per vincere si fece anche aiutare da alcuni corridori ritirati che lo avevano raggiunto prendendo una scorciatoia. Il trucco fu scoperto e Gerbi fu squalificato per 6 mesi.

Eroico fu anche un suo attacco in una Gran Fondo: ma in una gara di oltre 500 chilometri partì troppo presto e fu raccolto dai tifosi, entusiasti di quel gesto tanto scriteriato quanto eroico, sfinito e accasciato a terra. Ad una Corsa Nazionale del 1905, poi, si trovava al comando quando cadde. Si fermò in una farmacia per farsi medicare, ma quando venne a sapere che nel frattempo era stato superato da un altro corridore, riprese la bicicletta e, benchè fosse stato invitato a desistere, si mise a inseguirlo furiosamente ancora sanguinante. Riuscì a riprenderlo e superarlo tra la folla incredula alla scena di quel corridore tutto fasciato e sporco di sangue.

Vincerà quasi solo gare in linea, spesso anche grazie a colpi d’astuzia; delle gare a tappe invece non digeriva le montagne. Vinse 32 corse, fra cui Giro di Lombardia, Milano-Torino, 3 Giri del Piemonte, 3 Roma-Napoli-Roma.

a.v.e.r

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